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Configura il reato di detenzione o accesso a materiale pedopornografico la partecipazione consapevole ad una chat di gruppo dalla denominazione inequivoca e la condivisione con altri utenti dei relativi file di chiara natura pedopornografica indipendentemente da eventuali operazioni di salvataggio (download) di detto materiale su dispositivi informatici
Giulia Nespolo
La questione prospettata dalla sentenza della Corte di Cassazione, Sezione III Penale, 4 settembre 2023, n. 36572, richiede l’analisi del reato di detenzione o accesso a materiale pornografico previsto dall’art. 600- quater, commi 1 e 3, c. p. Ai fini di una corretta analisi della sentenza in commento, appare opportuno procedere ad una breve disamina sulla vicenda in esame. In particolare, l’imputato, mediante l’applicazione di messaggistica Telegram, partecipava ad una chat di gruppo, condividendo i files ivi contenuti, raffiguranti minori in atti sessualmente espliciti, quindi, di natura pedopornografica. Difatti, l’imputato, al pari di ogni componente della chat, non aveva accesso soltanto tramite le proprie credenziali al materiale presente che, una volta immesso da qualunque partecipante, veniva salvato automaticamente sul cloud, rendendolo visualizzabile in ogni momento da tutti i componenti del gruppo. Orbene, chiariti i termini della vicenda, ai fini di un corretto inquadramento giuridico del caso di specie sul quale si fonda la sentenza in esame, appare opportuno eseguire un’attenta disamina in ordine alle possibili fattispecie criminose integrate dall’imputato con la propria condotta. In particolare, occorre analizzare il reato di detenzione o accesso a materiale pornografico ex art. 600- quater, commi 1 e 3, c. p. Il reato di detenzione o accesso a materiale pornografico si sostanzia nella condotta di colui che, al di fuori delle ipotesi più gravi previste dal reato di pornografia minorile, si procura o detiene consapevolmente materiale pornografico, realizzato utilizzando soggetti minori degli anni diciotto. A tal proposito, il bene giuridico tutelato dal reato consiste nell’interesse a prestare tutela alla persona, alla libertà e personalità individuale. Per quanto concerne l’elemento oggettivo del reato, è rappresentato dalla condotta di chi, fuori dalle più gravi ipotesi previste dal reato di cui all’art. 600- ter c. p., si procura o detiene materiale pornografico, raffigurante soggetti minori degli anni diciotto in atti sessualmente espliciti. Peraltro, in relazione all’elemento oggettivo del reato, in esso rientra anche la condotta di chiunque accede a materiale pornografico, realizzato utilizzando soggetti minori degli anni diciotto, mediante l’uso della rete internet, di altre reti o mezzi di comunicazione. Per quanto attiene all’elemento soggettivo del reato, è richiesto il dolo, ossia la coscienza e la volontà di procurarsi o detenere materiale pornografico, raffigurante soggetti minori degli anni diciotto in atti sessualmente espliciti, ovvero la coscienza e la volontà di accedere a materiale pornografico, realizzato utilizzando soggetti minori degli anni diciotto, mediante l’uso della rete internet, di altre reti o mezzi di comunicazione. Occorre valutare se la partecipazione ad una chat di gruppo, contenente soggetti minori degli anni diciotto in atti sessualmente espliciti, materiale di natura pedopornografica, archiviato nel cloud di Telegram, configuri il reato di detenzione o accesso a materiale pornografico. Sul punto, si è ritenuto che la disponibilità di files di contenuto pedopornografico archiviati sul cloud storage di una chat di gruppo nello spazio Telegram, accessibili per il tramite delle proprie credenziali da parte di ogni componente che abbia ad essa consapevolmente preso parte, integra il reato di detenzione o accesso a materiale pornografico, penalmente rilevante, ai sensi dell’art. 600- quater, comma 1, c. p. Sulla base di quanto poc’anzi rammentato, è rilevante la nozione di detenzione. In tal senso, si è ravvisato che “il concetto di detenzione, seppur derivante dall’istituto civilistico nel quale indica il potere di gestione su una res in capo a chi ne abbia il godimento con la consapevolezza che si tratti, a differenza del possesso che si identifica nell’esercizio di un potere di fatto corrispondente al diritto di proprietà o altro diritto reale, di un bene altrui (animus detinendi),, è stato mutuato dal legislatore penale con riferimento al solo elemento materiale ovverosia, prescindendo integralmente dall’animus, nella mera accezione della disponibilità materiale di un bene, e dunque in termini della sua sostanziale fruibilità” (Cons. in dir. 1., Cass. prn., Sez. III., sent. n. 36572/2023). Alla luce di tale fondamentale passaggio della decisione in commento, si è osservato che la detenzione penalmente rilevante assurge alla libera fruibilità della res, quindi, oltrepassi la relazione materialmente tangibile tra la persona fisica e il bene. Pertanto, non sussiste alcuna differenza tra un’operazione download dei files fatta sul proprio cellulare o su altro dispositivo e l’accesso incondizionato ad un archivio condiviso tra i partecipanti ad una chat . Invero, in entrambi i casi l’agente ha piena e incondizionata possibilità di fruire del materiale archiviato indipendentemente dalla circostanza che sia stato egli stesso o altri ad aver effettuato l’operazione di salvataggio. Dunque, alla luce delle enunciazioni giurisprudenziali e delle superiori argomentazioni si deve concludere che l’imputato è ritenuto penalmente responsabile del reato di detenzione di materiale pornografico ex art. 600- quater, comma 1, c. p. e non di quello più lieve di accesso a materiale pornografico ex art. 600- quater, comma 3, c. p., atteso che l’imputato ha fruito liberamente del materiale a contenuto pedopornografico archiviato nella chat di gruppo, non rilevando se sia stato egli stesso o altro partecipante ad effettuare l’operazione di salvataggio.
Sezione: Sezione Semplice
(Cass. Pen., Sez. III, 04 settembre 2023, n. 36572)
Stralcio a cura di Lorenzo Litterio
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